Balilla

lunedì 30 gennaio 2023

LA VIOLENZA?.....UN CHIARO SEGNO DI DEBOLEZZA

 

Sono un semplice spettatore. Un uomo picchia una donna perché non ha accettato di ritornare con lui dopo la fine di una storia d'amore malato. Cos'è questa? Dei ragazzini buttano nel gabinetto l'astuccio del loro "compagno di classe" e lo umiliano ogni giorno pesantemente con insulti. Cos'è questa? Dei simpaticoni - almeno questo è quello che credono - danno un calcio sul muso di un cane scodinzolante dopo averlo avvicinato usando dei croccantini e pubblicando stoltamente ogni scena su YouTube. Cos'è questa? Violenza. Queste sono tutte forme di violenza. E non c'è bisogno della spiegazione di filosofi o dotti letterati per capire cos'è la violenza: quando la vedi, capisci che è lei, ti tocca anche se non sei direttamente toccato, e ti assale la rabbia, che si tramuta subito in senso di giustizia per non diventare come loro: i veri deboli che cercano di darsi un senso rendendo un inferno la vita degli altri. Chi provoca violenza non ama, non si ama, forse non ha mai provato l'amore, o forse è incattivo col mondo perché qualcuno glielo ha portato via. Ma la violenza può essere anche rovente, accecante, quando si perde la pazienza o peggio ancora la ragione, e si commettono i peggiori crimini; quando una religione ti stordisce così tanto da provocare attentati utilizzando i metodi più barbari. È una violenza che scoppia e distrugge, che non ha un timer, che non può essere prevista, e che si manifesta dopo essersi accumulata dentro a un cuore raggrinzito, nero, perché chi ama non fa violenza, perché se si ama una persona, la lasci libera di essere quello che è, senza imporle barriere dettate da religioni travisate o arcaiche, da società che hanno radici e corpo nel Medioevo più oscuro, da cervelli di gente non abituata a ragionare e a creare rapporti arricchenti con gli altri.

Ma alcune volte la violenza assume anche tratti grotteschi, che ti spingono a dire: "Ma per chi si stanno battendo questi violenti?". La violenza negli stadi è una tematica più che mai moderna, che riguarda tifosi inferociti, disposti anche ad ammazzare, creando dei veri e propri battaglioni di guerra armati di spranghe, coltelli, bombe-carte e a volte anche pistole. Non si combatte per il petrolio, non si combatte per portare la pace nel mondo (ma con la guerra si produce solo altra guerra), non si combatte per sovvertire un dittatore violento (come è successo in tante parti del mondo), ma per proteggere l'onore della propria squadra del cuore. Non che tutte le guerre elencate siano giuste, è però facile capire che si provoca violenza e morte per qualcosa di indifferente, che se esiste o non esiste non cambierebbe in meglio il mondo: il calcio. Un dio, per alcuni, che non deve essere toccato. Si manifesta così l'insensatezza della violenza, la voglia di avere il sopravvento sugli altri anche a costo di fare vittime. La voglia di sentirsi degli eroi innalzandosi su un piedistallo di cadaveri. Mi chiedo, a volte, se anche i violenti soffrono: cerco di entrare nelle loro teste non per giustificare ogni loro azione criminale, ma per capire se, nel loro passato, hanno avuto dei brutti momenti che li hanno spinti a diventare quello che attualmente sono. Di chi è la colpa di un uomo violento? Insicurezze di base così traballanti da portarlo a sottomettere gli altri per sentirsi migliore, assenza di empatia, oppure una società che gli ha tolto tanto e che non gli ha dato mai niente e per questo si scaglia sugli altri con forza vendicativa, o ancora una famiglia che non è riuscita a indirizzarlo per la giusta strada. 

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