Sono un semplice spettatore. Un uomo picchia una
donna perché non ha accettato di ritornare con lui dopo la fine di una storia
d'amore malato. Cos'è questa? Dei ragazzini buttano nel gabinetto l'astuccio
del loro "compagno di classe" e lo umiliano ogni giorno pesantemente
con insulti. Cos'è questa? Dei simpaticoni - almeno questo è quello che credono
- danno un calcio sul muso di un cane scodinzolante dopo averlo avvicinato
usando dei croccantini e pubblicando stoltamente ogni scena su YouTube. Cos'è
questa? Violenza. Queste sono tutte forme di violenza. E non c'è bisogno della
spiegazione di filosofi o dotti letterati per capire cos'è la violenza:
quando la vedi, capisci che è lei, ti tocca anche se non sei direttamente
toccato, e ti assale la rabbia, che si tramuta subito in senso di giustizia per
non diventare come loro: i veri deboli che cercano di darsi un senso rendendo
un inferno la vita degli altri. Chi provoca violenza non ama, non si ama, forse
non ha mai provato l'amore, o forse è incattivo col mondo perché qualcuno
glielo ha portato via. Ma la violenza può essere anche rovente, accecante, quando si perde la
pazienza o peggio ancora la ragione, e si commettono i peggiori crimini; quando
una religione ti stordisce così tanto da provocare attentati utilizzando i
metodi più barbari. È una violenza che scoppia e distrugge, che non ha un
timer, che non può essere prevista, e che si manifesta dopo essersi accumulata
dentro a un cuore raggrinzito, nero, perché chi ama non fa violenza, perché se
si ama una persona, la lasci libera di essere quello che è, senza imporle
barriere dettate da religioni travisate o arcaiche, da società che hanno radici
e corpo nel Medioevo più oscuro, da cervelli di gente non abituata a ragionare
e a creare rapporti arricchenti con gli altri.
Ma alcune volte la
violenza assume anche tratti grotteschi, che ti spingono a dire: "Ma per
chi si stanno battendo questi violenti?". La violenza negli
stadi è una tematica più che mai moderna, che riguarda tifosi
inferociti, disposti anche ad ammazzare, creando dei veri e propri battaglioni
di guerra armati di spranghe, coltelli, bombe-carte e a volte anche pistole.
Non si combatte per il petrolio, non si combatte per portare la pace nel mondo
(ma con la guerra si produce solo altra guerra), non si combatte per sovvertire
un dittatore violento (come è successo in tante parti del mondo), ma per
proteggere l'onore della propria squadra del cuore. Non che tutte le
guerre elencate siano giuste, è però facile capire che si provoca violenza e
morte per qualcosa di indifferente, che se esiste o non esiste non cambierebbe
in meglio il mondo: il calcio. Un dio, per alcuni, che non deve essere toccato.
Si manifesta così l'insensatezza della violenza, la voglia di avere il
sopravvento sugli altri anche a costo di fare vittime. La voglia di sentirsi
degli eroi innalzandosi su un piedistallo di cadaveri. Mi chiedo, a volte,
se anche i violenti soffrono: cerco di entrare nelle loro teste non per
giustificare ogni loro azione criminale, ma per capire se, nel loro passato,
hanno avuto dei brutti momenti che li hanno spinti a diventare quello che
attualmente sono. Di chi è la colpa di un uomo violento? Insicurezze di base
così traballanti da portarlo a sottomettere gli altri per sentirsi migliore,
assenza di empatia, oppure una società che gli ha tolto tanto e che non gli ha
dato mai niente e per questo si scaglia sugli altri con forza vendicativa, o
ancora una famiglia che non è riuscita a indirizzarlo per la giusta
strada.